Da ieri è vietato l’acquisito dei voucher; sono ancora utilizzabili, entro il prossimo 31 dicembre, solo i buoni richiesti entro venerdì 17 marzo 2017.
Questa la regola transitoria contenuta nel decreto legge n. 25/2017, pubblicato a tempo di record in Gazzetta Ufficiale venerdì scorso ed entrato in vigore lo stesso giorno.
La fretta del Governo, combinata con un meccanismo transitorio così restrittivo, potrebbe avere un impatto fortissimo su alcuni settori produttivi dove il voucher era molto utilizzato – in maniera regolare e trasparente – per gestire attività occasionali e sporadiche.
In particolare, la scomparsa immediata del voucher potrebbe creare grossi problemi al calcio professionistico. Alcune squadre di calcio fino ad oggi utilizzavano i voucher per pagare l’attività degli steward (quelle persone che, durante le partite, indossano una pettorina gialla e si mescolano tra il pubblico per partecipare alla gestione dell’evento sportivo).
Le partite di oggi si svolgeranno regolarmente, ma già per domenica prossima bisognerà fare una corsa contro il tempo per evitare il caos: queste squadre, infatti, dovranno individuare in fretta e furia un nuovo modello organizzativo e normativo per la gestione degli steward.
Quali sono gli strumenti che potrebbero essere utilizzati per utilizzare queste figure?
Una prima soluzione sarebbe il ricorso al lavoro intermittente, anche se questa scelta metterebbe fuori gioco tutte le persone di età compresa tra i 24 e 55 anni. Queste persone si troverebbero, quindi, “espulse” dallo stadio per via del provvedimento del Governo.
In alternativa, le squadre di calcio potrebbero utilizzare il contratto di somministrazione di manodopera (soluzione molto valida sul piano gestionale, ma che determinerebbe un sicuro incremento dei costi) oppure dovrebbero esternalizzare il servizio, facendo ricorso ad un appalto di servizi. Tutti strumenti molto difficili da attivare nel giro di pochissimi giorni.
Gli stessi problemi si potrebbero verificare anche per i servizi domestici.
Tutte le famiglie che, dopo l’abolizione dei voucher, dovranno ricorrere a una baby sitter, a un insegnante per le ripetizioni scolastiche oppure a una badante occasionale si troveranno totalmente spiazzate.
Queste famiglie dovranno, infatti, trovare subito un esperto capace di aiutarle a scegliere e redigere un contratto di lavoro, formalizzare l’accordo con il collaboratore e poi gestire una lunga lista di adempimenti (dalle comunicazioni obbligatorie alla busta paga).
È molto probabile – seppure eticamente non giustificabile – che queste famiglie si rifugeranno, soprattutto nel primo periodo, nel lavoro nero, pagando le poche decine di euro dovute per la prestazione e mettendosi alle spalle l’enorme e incomprensibile carico di burocrazia che il decreto del Governo ha deciso di caricargli sulle spalle.
Qualcuno potrebbe obiettare che con l’abrogazione del lavoro accessorio cesseranno finalmente gli abusi, tante volte denunciati in questi mesi come motivi dell’abrogazione dell’istituto e addirittura citati, nelle premesse del decreto legge, come motivi della «necessità e urgenza» dell’intervento.
Questa previsione si rivelerà, molto probabilmente, troppo ottimistica, perché anche senza il lavoro accessorio gli abusi potranno continuare senza problemi.
Chi adottava pratiche elusive tramite il voucher si sposterà facilmente su altri strumenti, arrivando allo stesso risultato: basterà passare a un finto part time, un lavoro intermittente irregolare, una collaborazione fittizia per continuare a nascondere un rapporto di lavoro subordinato ordinario. Insomma, l’abrogazione del lavoro accessorio, decisa in fretta e senza un adeguato regime transitorio, è destinata a creare grandi problemi alle imprese e alle famiglie che usavano regolarmente lo strumento e non avrà alcun reale effetto nell’azione di contrasto degli abusi (rischiando, anzi, di favorire un aumento del lavoro nero).
Fonte: il Sole 24 Ore, 18/03/2017, di Giampiero Falasca