La legge di bilancio 2021 ha prorogato al 2022 il bonus del credito di imposta 50% per investimenti in pubblicità,
Credito di Imposta per sanificazione in attesa di regole
Fonte: Eutekne
Anche se la sanificazione degli ambienti di lavoro e l’utilizzo generalizzato dei dispositivi di protezione avrà rilievo generalizzato solo nella cosiddetta fase 2, le molte imprese che in queste settimane hanno continuato a lavorare hanno dovuto affrontare in modo sistematico questo tipo di spese.
Il credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro è tuttavia ancora in attesa del decreto attuativo, nonostante l’art. 64 comma 2 del DL 18/2020, a cui rimanda anche l’art. 30 del DL 23/2020, ne avesse prevista la pubblicazione entro 30 giorni dall’entrata in vigore del DL 18/2020 (quindi entro il 16 aprile, posto che il DL è entrato in vigore il 17 marzo), prevedendo che lo stesso decreto stabilisse criteri e modalità di applicazione e fruizione del credito d’imposta, anche per assicurare il rispetto di specifici limiti di spesa a carico dello Stato.
Il credito d’imposta, previsto dall’art. 64 del DL 18/2020, in favore degli esercenti attività d’impresa, arte e professione, è riconosciuto nella misura del 50% delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro sostenute e documentate fino ad un massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo massimo di 50 milioni di euro per l’anno 2020 (si veda “Credito d’imposta per sanificare gli ambienti di lavoro” del 23 marzo). Il beneficio in esame è stato esteso, ad opera dell’art. 30 del DL 23/2020, anche alle spese per l’acquisto di dispositivi di protezione nei luoghi di lavoro. Tale estensione non è però stata accompagnata da un incremento né al tetto massimo (20.000 euro per ciascun beneficiario) né al complesso delle risorse stanziate (pari a 50 milioni per l’anno 2020).
Le uniche indicazioni fornite finora dall’Agenzia delle Entrate riguardano proprio l’ampliamento dell’oggetto dell’agevolazione. Nella circolare n. 9/2020 (§13), relativa alle novità del DL 23/2020, l’Agenzia – riprendendo in sostanza quanto affermato nella Relazione illustrativa al DL 23/2020 – ha chiarito che sono agevolate anche le spese sostenute nel 2020 per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale (quali, ad esempio, mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3, guanti, visiere di protezione e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari) e per l’acquisto e l’installazione di altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici o a garantire la distanza di sicurezza interpersonale (quali, ad esempio, barriere e pannelli protettivi); sono, inoltre, compresi i detergenti mani e i disinfettanti (si veda “Credito d’imposta per la sanificazione esteso all’acquisto di mascherine” del 10 aprile).
Il decreto resta quindi fondamentale per definire quali attività rientrino nella locuzione “sanificazione” utilizzata dalla disposizione agevolativa e non ancora codificata.
La questione è oggettivamente delicata e, in assenza di specifiche normative, si possono generare dubbi applicativi sull’ambito di applicazione della norma. Ad esempio, il famoso protocollo FCA per la ripresa dell’attività individua come attività di sanificazione le “procedure e operazioni che hanno come finalità la sanificazione di spazi chiusi e aree pertinenziali attraverso pulizia, disinfezione e sanificazione qualora sia accertato un caso confermato di COVID-19. Una superficie può essere considerata sanificata quando tramite l’utilizzazione di prodotti atti a garantire l’eliminazione della presenza di germi, non c’è evidenza di sporcizia, la superficie non è grassa al tocco, non c’è odore sgradevole, un fazzoletto di carta passato sulla superficie mantiene il suo colore originale, l’acqua passata sulla superficie scorre in maniera uniforme”.
In questo specifico caso sembra che si debba ricorrere alla sanificazione soltanto in presenza di un caso di coronavirus e lasciando quindi il dubbio che un’intervento attuato in assenza di contagio non configuri una sanificazione.
Il protocollo per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro del 14 marzo 2020 prevede invece specifiche disposizioni sulla pulizia e sanificazione in azienda a prescindere dall’esistenza o meno di un caso di persona infetta (si veda “Protocolli anti contagio COVID-19 obbligatori per l’azienda” del 16 marzo). In particolare, secondo il citato protocollo (§ 4), l’azienda deve assicurare la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago; deve, inoltre, essere garantita la pulizia a fine turno e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch, mouse, con adeguati detergenti, sia negli uffici, sia nei reparti produttivi. Nel caso di presenza di una persona con COVID-19 all’interno dei locali aziendali, viene poi previsto che si proceda alla pulizia e sanificazione dell’area secondo le specifiche disposizioni della circolare del Ministero della Salute del 22 febbraio 2020 n. 5443.
Con riferimento a un diverso aspetto, si rileva che la norma agevolativa non prevede espressamente che il credito d’imposta non concorra alla formazione del reddito d’impresa e dell’IRAP; pertanto, in assenza di una modifica in tal senso, il credito d’imposta dovrebbe essere tassato in capo al soggetto beneficiario.
PER I FINANZIAMENTI FINO A 25.000 EURO ISTRUTTORIE SEMPLIFICATE MA NON IMMEDIATE
Fonte: Eutekne
Nella mattinata di ieri sono arrivate le autorizzazioni da parte della Commissione Ue per le misure di aiuto introdotte dal decreto liquidità (DL 23/2020), nella forma di garanzie statali su finanziamenti erogati dal sistema bancario, per il tramite di SACE spa e del Fondo centrale di garanzia PMI.
L’aspettativa è elevata con riguardo a tutte le misure, ma la maggiore “frenesia” si concentra anzitutto sui finanziamenti fino a 25.000 euro con garanzia al 100% del Fondo centrale di garanzia PMI, restituzione a 72 mesi, preammortamento di 24 mesi e tasso di interesse agevolato.
Una “frenesia” che discende, prima ancora che dalle garanzie e dalle condizioni di prestito, dalla legittima aspettativa di una sua rapida erogazione, in ragione del fatto che la lett. m) dell’art. 13 comma 1 del DL 23/2020 prevede espressamente che l’intervento del Fondo non solo è concesso automaticamente e senza valutazione, ma anche che il soggetto finanziatore può erogare il finanziamento coperto dalla garanzia, subordinatamente alla verifica formale del possesso dei requisiti, senza attendere l’esito definitivo dell’istruttoria da parte del gestore del Fondo medesimo.
Al netto del fatto che questa previsione normativa sembra recare con sé l’implicita sfiducia da parte dello Stato circa la capacità di tempistiche efficienti di risposta da parte del gestore del Fondo anche in presenza di una procedura automatica, la norma sposta dunque sulle banche le aspettative dei beneficiari di una rapida erogazione, caricando le medesime dei connessi “rischi operativi”, nel senso che, l’eventuale erogazione del prestito, prima del via libera definitivo da parte del gestore del Fondo, espone la banca, ove poi il via libera definitivo non dovesse arrivare per errori della banca nella valutazione della sussistenza dei requisiti soggettivi.
Al fine di agevolare le procedure, il MISE ha messo a disposizione, sul proprio sito internet, un apposito “Modulo per la richiesta di garanzia su finanziamenti di importo fino a 25.000 euro ai sensi della lett. m), comma 1 dell’art. 13 del DL Liquidità” (https://www.mise.gov.it/index.php/it/198-notizie-stampa/2040963-decreto-liquidita-via-libera-della-commissione-ue-a-nuove-regole-per-garanzie-a-imprese-e-professionisti ) che il beneficiario può presentare al soggetto finanziatore o al Confidi.
Il modulo si compone di 8 pagine e compendia l’insieme dei requisiti che il soggetto beneficiario deve attestare.
Una istruttoria da parte della banca, seppur semplificata, resta
comunque necessaria. In particolare, la banca, dopo aver ricevuto il modulo di
richiesta, deve:
– verificare che
il richiedente sia un soggetto esercente attività di impresa o di lavoro
autonomo con partita IVA, rientrante nella definizione “europea” di PMI,
allargata in questo caso alle imprese con un numero di dipendenti tra 250 e 499;
– acquisire l’ultimo
bilancio depositato o l’ultima dichiarazione fiscale presentata dal
richiedente, per verificare che
l’ammontare dei ricavi (compensi, per i liberi professionisti) sia superiore a
100.000 euro o, se inferiore, sia comunque superiore al quadruplo del
finanziamento richiesto (per i richiedenti costituiti dopo il 1°
gennaio 2019 il bilancio e la dichiarazione possono essere sostituiti da
apposita autocertificazione ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000
prevista nell’ambito del modulo messo a punto dal MISE);
– verificare che il richiedente non presenti esposizioni classificate come
“sofferenze” ai sensi della disciplina bancaria;
– verificare che il richiedente non presenti esposizioni nei confronti del
soggetto finanziatore classificate come “inadempienze probabili” o “scadute o
sconfinanti deteriorate” ai sensi della disciplina bancaria; oppure, nel caso
in cui le presenti, verificare che tale classificazione non sia precedente alla
data del 31 gennaio 2020.
A ciò si aggiunga quanto precisato da Banca d’Italia lo scorso 10 aprile con apposita Raccomandazione, in ordine al fatto che “per quanto concerne in particolare i finanziamenti garantiti dallo Stato” le banche dovranno tenere conto “del complesso degli ulteriori elementi informativi disponibili sul profilo di rischio dei richiedenti i finanziamenti, sia in sede di concessione del finanziamento, sia nella fase di monitoraggio dello stesso”.
Difficile dunque pretendere “erogazioni immediate” da parte delle banche, senza contare che, alla gestione procedurale dei predetti rischi operativi e obblighi di valutazione dei profili di rischio, si aggiunge al momento per le banche un ulteriore rischio a procedere all’erogazione fino all’approvazione del gestore del Fondo: quello di veder rifiutata la proposta non per carenza del diritto del richiedente, ma per carenza delle risorse presenti nel Fondo, ove si verificasse una richiesta particolarmente massiccia (si veda “Le risorse stanziate non bastano per garantire i finanziamenti alle imprese” di oggi).
Difficile dunque, per lo meno fino a quando lo Stato non stanzierà risorse sufficienti, pensare e pretendere che l’erogazione da parte delle banche possa avere la fluidità e l’immediatezza che il decreto lascerebbe intendere.
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• € 25.000 importo minimo;
• € 200.000 importo massimo per l’utilizzo di un marketplace fornito da terzi;
• € 300.000 importo massimo per la realizzazione di una piattaforma propria.